Ne valeva la pena?
Il pensiero è li accovacciato in un angolo buio dei meandri della mente. Cresce piano con il passare del tempo. A volte riaffiora, si presenta dinnanzi alla coscienza. Sembra un riflesso, il riflesso di una qualche suggestione, nebulosa scia, alone rimasto dopo un incontro importante. Lo si sente sotto pelle, ma scorre, come il sangue, come un fiume sotto la crosta terrestre. Scorre senza essere visto, riemerge a volte, per poi scomparire di nuovo. E così s’ingrossa, per lungo tempo, non si sa quanto, ma s’ingrossa. E se incontra terreni scomposti, c’è il rischio che riemerga più spesso. Fino al giorno in cui non lo si può più ignorare. Un bel giorno esonda e ci costringe a guardarlo. Ed è li, uguale ad un fiume in piena, come l’amore di adolescenti che non hanno più pensieri se non per l’amore stesso, come una forza che trascina verso un punto teso all’infinito, ma senza possibilità di scampo, con la potenza di una cascata fredda e trasparente che riversa, attraverso la luce ghiacciata dell’acqua iridescente, tutti i rovesci della sua forza dal fragore assordante e dirompente. Il senso di giustizia a volte non ha volto: ha tantissimi occhi, tanti sorrisi o tante tristezze che non piangono, tanta debolezza, tanta fame, tanto vuoto e altrettanta digni-ta.
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